Dettagli Recensione
	
		Osteria della Concordia
	
	2012-05-18 15:31:16
	
	Locuste
	
		
	
	
	
	
		
		 			
		
		
									
				
	
	
	
		
				
				
		
							
						
									
		
						
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Recensione
Data di visita
Marzo 28, 2012
Recensione
Difficile sostenere che la trattoria "Vecchia Roma" fosse un indirizzo storico della ristorazione milanese, ma di certo sapeva come farsi notare, con le sue pareti tappezzate di locandine delle stelle di Cinecittà, da Sordi alla Magnani, e di paesaggi della capitale. Suscita quindi una certa sorpresa ritrovare il locale con un diverso nome e, soprattutto, affidato a una gestione interamente cinese, a partire dal proprietario Chen Qing. Anche se il menu è stato notevolmente ampliato e il biglietto da visita recita "specialità: l'astice" (con tanto di articolo), la sostanza non cambia: i piatti proposti sono sempre i classici della cucina romana, con piccole variazioni sul tema. Purtroppo, però, la qualità delle preparazioni lascia a desiderare, il servizio è alquanto approssimativo e un conto finale nella norma non può certo bastare a salvare capra e cavoli. L'impatto iniziale, del resto, è già tutt'altro che positivo: l'indirizzo recita "Corso Concordia", ma in realtà l'unico ingresso del ristorante è in via Guicciardini!
Decorazioni romane a parte, il locale - che funge anche da pizzeria - ha un aspetto piuttosto ordinario, non migliorato dal fastidioso sottofondo della radio. La lista, molto ampia, non si discosta però da quelle che dovevano essere le fonti d'ispirazione della precedente gestione: tra gli antipasti, ad esempio, compaiono mozzarella di bufala, burrata e soprattutto il fritto alla romana composto da zucchine, melanzane, mozzarelline impanate e supplì. Ingredienti discreti (anche se mancano i fiori di zucca) ma frittura decisamente eccessiva. I primi dovrebbero essere un trionfo di romanità, ma i risultati sono davvero ondivaghi: appena passabili i bucatini all'amatriciana, disastrosi gli spaghetti cacio e pepe (con pepe in grani!). In lista altri piatti tradizionali come rigationi alla pajata, bombolotti alla gricia e l'immancabile carbonara.
Anche sui secondi c'è qualcosa da ridire: i saltimbocca alla romana sono forse il piatto meglio riuscito, non così gli straccetti con rucola e aceto balsamico, tra l'altro troppo freddi. Da valutare l'abbacchio al forno, confortante la presenza della cicoria tra i contorni accanto a carciofi (in stagione) e patate. Fuori dal solco della lista i dolci, quasi tutti confezionati. A fine pasto resta un'impressione straniante, confermata anche dal capitolo vini: la cantina sembra più che dignitosa, però al momento dell'assaggio si scopre che il Dolcetto dei Marchesi di Barolo viene in realtà da un'altra, anonima cantina. La qualità è comunque buona, ma l'equivoco sarebbe da evitare...
Decorazioni romane a parte, il locale - che funge anche da pizzeria - ha un aspetto piuttosto ordinario, non migliorato dal fastidioso sottofondo della radio. La lista, molto ampia, non si discosta però da quelle che dovevano essere le fonti d'ispirazione della precedente gestione: tra gli antipasti, ad esempio, compaiono mozzarella di bufala, burrata e soprattutto il fritto alla romana composto da zucchine, melanzane, mozzarelline impanate e supplì. Ingredienti discreti (anche se mancano i fiori di zucca) ma frittura decisamente eccessiva. I primi dovrebbero essere un trionfo di romanità, ma i risultati sono davvero ondivaghi: appena passabili i bucatini all'amatriciana, disastrosi gli spaghetti cacio e pepe (con pepe in grani!). In lista altri piatti tradizionali come rigationi alla pajata, bombolotti alla gricia e l'immancabile carbonara.
Anche sui secondi c'è qualcosa da ridire: i saltimbocca alla romana sono forse il piatto meglio riuscito, non così gli straccetti con rucola e aceto balsamico, tra l'altro troppo freddi. Da valutare l'abbacchio al forno, confortante la presenza della cicoria tra i contorni accanto a carciofi (in stagione) e patate. Fuori dal solco della lista i dolci, quasi tutti confezionati. A fine pasto resta un'impressione straniante, confermata anche dal capitolo vini: la cantina sembra più che dignitosa, però al momento dell'assaggio si scopre che il Dolcetto dei Marchesi di Barolo viene in realtà da un'altra, anonima cantina. La qualità è comunque buona, ma l'equivoco sarebbe da evitare...
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