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Il Gambero Rozzo

Con un titolo del genere non si rischia davvero di passare inosservati. Il gioco di parole che dà vita al Gambero Rozzo è figlio di un'intuizione geniale, ma ancor più seducente e ricco di promesse è il sottotitolo: "Più che una questione di etichetta è una questione di forchetta". Come si intuisce già da queste prime righe, la filosofia della guida è molto simile a quella che accompagna le Locuste nelle loro peregrinazioni. Gli indirizzi riportati, più di mille in 430 pagine, rinviano a locali di solida tradizione culinaria in cui magari alcuni aspetti marginali sono trascurati (il servizio è alla buona, il vino quasi sempre è quello della casa), ma pranzo e cena sono genuini, sostanziosi e a buon mercato. Delle osterie e trattorie di questo stampo il volume della Newton Compton offre una rassegna completa ed esauriente, ideale anche per i non addetti lavori, a un equo prezzo di 20 euro.

Il toscano Carlo Cambi, già fondatore della rivista "I Viaggi" di Repubblica, non si limita ad inserirsi nel fortunato filone della gastronomia che riscopre la tradizione e la semplicità a scapito dell'artificiosità dell'alta cucina: quello dell'autore è un viaggio molto personale e sentito, che lui stesso definisce una recherche du plat perdu, con gustosa citazione proustiana.
Il risultato è un libro interessante, a tratti impreziosito da spunti originali, che però paga decisamente la contiguità e le somiglianze fin troppo evidenti con il suo più famoso predecessore: la guida alle Osterie d'Italia della Slow Food. In effetti non soltanto il concetto alla base dei due volumi è molto simile, ma anche l'organizzazione del libro di Cambi non si discosta più di tanto da quella della "Bibbia" slowfoodiana: i locali sono suddivisi per regioni (anche se in ordine alfabetico, il che non facilita la consultazione) e in numerosi casi le segnalazioni coincidono con quelle della guida "rivale". Intendiamoci: non si tratta di un difetto, è soltanto un elemento che rende il libro leggermente meno attraente di quanto ci si sarebbe potuto attendere.
Va detto peraltro che nel complesso il volume è decisamente più leggero e maneggevole dei concorrenti grazie a un'impostazione più snella e a recensioni brevi e stringate, talvolta forse un po' vaghe nei giudizi. Anche in questo caso ai ristoranti recensiti non è attribuito alcun voto, ma fra le piacevoli eccezioni c'è l'iniziale classifica dei dieci locali "da non perdere" (il primo è il celebrato "Latini" di Firenze) che non mancherà di incuriosire tutte le Locuste e aspiranti tali.

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