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Cavabusción
 
Cavabusción 2014-02-06 12:07:40 Locuste
Voto medio 
 
6.5
Qualità 
 
8.0
Quantità 
 
7.5
Servizio 
 
7.0
Prezzo 
 
3.5
Opinione inserita da Locuste    06 Febbraio, 2014
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Recensione

Data di visita
Febbraio 01, 2014
Recensione
“Cavabusción” è voce dialettale derivata direttamente dal francese e di facile comprensione anche per i non meneghini, ma chi proprio non dovesse intuirne il significato si toglierà ogni dubbio con uno sguardo alla vetrina del ristorante di via Borromei, in cui fa bella mostra di sé un’ampia collezione di cavatappi di ogni foggia e misura. Siamo nel pieno centro di Milano, a due passi da piazzale Cadorna, e il locale ha l’ormai inconfondibile look modernista tipico del capoluogo lombardo: design minimale e un po’ industrial, arredamento essenziale, bianco come colore dominante. Insomma, ci sono tutti i presupposti per temere il peggio. E invece in questo caso alla forma si abbina anche parecchia sostanza perché il menu, privo di un radicamento territoriale, seleziona intelligentemente piatti delle più diverse tradizioni regionali, senza mai farsi mancare un tocco di creatività; la curata presentazione delle pietanze dà anche all’occhio la sua parte. Certo, il servizio soffre di qualche trascuratezza (anche perché il piccolo locale, su due piani, è spesso affollato) e i prezzi non fanno fare i salti di gioia, ma non sono neppure eccessivi per il contesto.

A dispetto del nome, il ristorante non sembra particolarmente specializzato nel vino, ma presenta comunque una buona scelta di bottiglie di ogni tipologia; nella lista dei bianchi la fa la padrona la cantina Nativ di Avellino, fondata nel 2008 dal celebre enologo Mario Ercolino, che fornisce tra l’altro la fresca ed economica Falanghina e un eccellente Greco di Tufo. Gli antipasti sono costosi (10 euro) ma serviti in porzioni generose, e vale la pena farsi sedurre da qualche proposta interessante come – in stagione – l’insalata di carciofi freschi con limone, pesto di acciughe e mozzarella di bufala, davvero ben riuscita. Ruba l’occhio, e anche il gusto, il tomino delle Langhe con speck stagionato, servito su un letto di polenta; interessante anche la selezione di salumi, con salame mantovano, lardo di Arnad e mortadella al tartufo fra gli altri.

I primi sono meno entusiasmanti, ma meritano comunque un assaggio i delicati tortelli di zucca mantovani con salsa al vino e amaretti sbriciolati; in alternativa, strascinati lucani con cozze, cime di rapa e peperoncino, oppure risotto verde agli spinaci con bufala e pomodorini. Tra i secondi (16-20 euro) la specialità della casa è la tagliata di fassona, ma fa la sua figura anche la costoletta di vitello (taglio diverso, ma preparata come una cotoletta alla milanese) con burro chiarificato e patata tartufata. Il piatto più originale è però il filetto di baccalà al forno con purè di fave, coste e semi di papavero: il pesce non oscura gli altri sapori e l’equilibrio è perfetto. In lista anche la classica salsiccia con friarielli. Assai meno originali i dolci, tra i quali comunque spiccano la torta pere e cioccolato e il discreto tiramisù (in bicchiere). Bilancio complessivo: migliorabile, ma da tenere presente.
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