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Cronaca di un trionfo annunciato

Pubblichiamo, con alcune piccole variazioni, l'articolo su Vinitaly del Navigatore Capo apparso su VareseNews il 12 aprile 2010.
In coda, il consueto excursus sulle cantine visitate nel corso della rassegna veronese.

È proprio vero quello che diceva Salvador Dalì: "Per fare un grande vino sono necessari un folle per coltivare le viti, un saggio per sovrintendere, un poeta lucido per creare il vino, un innamorato per berlo". E di innamorati ce ne sono davvero tanti a giudicare dai primi riscontri della 44esima edizione del Vinitaly, il più grande salone internazionale del vino, tenutosi a Verona dall'8 al 12 aprile. Doveva essere l'anno del rilancio dopo un 2009 di magra (ma comunque assai meno negativo che in altri settori), e ii dati ufficiali dicono che l'obiettivo è stato centrato: in cinque giorni di fiera si è toccata la cifra record di 152.000 visitatori, abbattendo quindi la simbolica barriera dei 150mila. Tutto questo da un lato non può che far contenti gli organizzatori di Veronafiere, unico ente fieristico italiano ad aver chiuso il proprio bilancio in attivo lo scorso anno, ma dall'altro ha reso per lunghi tratti invivibili i corridoi dei 16 padiglioni della fiera (a cui vanno aggiunte le manifestazioni parallele SOL, Enolitech e Agrifood): a detta degli espositori la giornata peggiore o migliore, a seconda dei punti di vista, è stata quella di sabato. Nei giorni di minore afflusso si sono invece concentrati gli appuntamenti più interessanti: il forum Spumanti d'Italia, l'evento promozionale "Trendy oggi, Big domani", ma anche la storica visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e la firma di un importante accordo di programma per la tutela dell'olio extravergine italiano.

Molte e interessanti le degustazioni guidate e i convegni, tra cui quello su "Vino, web e social network: opportunità e responsabilità", che ha esplorato i sempre più frequenti collegamenti tra Internet e il settore enologico. A questo proposito, da segnalare l'iniziativa di un gruppo di produttori appassionati di 2.0, che si sono associati nelle TwittingCantine, creando un vero e proprio percorso di visita parallelo all'interno del Vinitaly e trasmettendo in diretta dalla fiera, chi via webcam, chi tramite brevi post su Twitter.
Tornando ai visitatori: davvero tanti, non certamente solo operatori del settore come vorrebbe il regolamento, e comunque prontissimi ad approfittare di assaggi gratuiti di vini di ogni qualità, spesso accompagnati anche da "stuzzichini" di alto livello. Tanti anche gli ospiti dall'estero (+4,4% rispetto al 2009), ma forse non abbastanza: "Noi veniamo qui praticamente solo per gli stranieri - ci ha confessato Fabio Samaia della tenuta Tamburnin di Castelnuovo Don Bosco, nell'astigiano - ma quest'anno ci è sembrato di vederne qualcuno in meno. Probabilmente la crisi si fa sentire anche per loro". Preso d'assalto lo stand di Slow Food, dove si sono tenute degustazioni e conferenze: l'associazione piemontese ha presentato nell'occasione "Slow Wine", l'attesissima nuova guida ai vini. Molto frequentato anche il padiglione del Veneto: tutti gli occhi erano puntati sul Prosecco, che da pochi mesi è diventato DOC in 556 comuni (anche il Friuli tra le aree di produzione), con il fiore all'occhiello delle DOCG Prosecco Superiore e Cartizze. "Una mossa indispensabile - commenta Armando Adami, titolare di una delle cantine più note della Valdobbiadene - per tutelare un prodotto che ormai tutto il mondo ci stava copiando, e che è richiestissimo all'estero. Certo è ancora presto per vederne gli effetti, e ci sarebbe piaciuto restringere maggiormenta la zona di produzione, ma è un buon punto di partenza". Adami non parla certo per sentito dire: il fratello Franco è da 8 anni alla guida del Consorzio di tutela del Prosecco. Ma per uno spumante veneto ce n'è, ovviamente, anche uno lombardo: i vini della Franciacorta si confermano in ogni senso sulla bocca di tutti, e i corridoi del Palaexpo - che ospitava gli stand della Regione Lombardia - sono stati i più intasati dell'intera manifestazione.
Una volta usciti dal dedalo di padiglioni e corridoi, definito con enfasi "un girone dantesco" da un ispirato blogger, la fiera lascia in bocca il consueto sapore agrodolce: non è l'acidità del vino, ma un mix di piacevoli ricordi sensoriali, confuse riflessioni e l'inevitabile insoddisfazione di chi sa di aver soltanto sfiorato un mondo di incredibile estensione e varietà. Non resta che consolarsi storpiando un celebre proverbio: il Vinitaly è troppo breve per bere del vino cattivo...

Tormaresca - Minervino Murge (BA): Dopo anni di inseguimento finalmente assaggiamo i vini dell'azienda scelta dai marchesi Antinori come loro "filiale" pugliese. Dotato di grandissima personalità il Bocca di Lupo, Castel del Monte DOC "addolcito" negli ultimi anni ma dal gusto sempre acido e aggressivo. Oltre al rosso base Nebrida (Negramaro, Primitivo e Cabernet in blend), colpisce anche il Primitivo Torcicoda, affinato in barrique per 10 mesi.

Castello Romitorio - Montalcino (SI): A parte le splendide etichette artistiche (e la citazione che ha ispirato il nostro articolo), la cantina si fa apprezzare per una serie di ottime ragioni: lo speziato Rosso di Montalcino, l'interessante Chianti e naturalmente il Brunello di Montalcino, ma anche il Sant'Antimo Rosso Romito del Romitorio, invecchiato in barrique e tonneaux. Dalla vicina tenuta di Scansano provengono invece il Morellino di Scansano e soprattutto il Ghiaccio Forte, prodotto solo nelle annate più promettenti.

Tenuta Tamburnin - Castelnuovo Don Bosco (AT): Un'azienda che si inserisce perfettamente nella ricchissima tradizione piemontese, ma dimostra la sua vitalità con qualche variazione sul tema. Per esempio il rosato Chéri, da uve Malvasia, Freisa e Barbera fermentate in acciaio: perfetto per un aperitivo "trendy". Molto più intensi e ricchi di personalità il Barbera d'Asti La Malandrona, vincitore della Douja d'Or, e la Freisa Le 3 Seuri, che tocca i 15 gradi alcolici. Infine merita un assaggio la Freisa chinata 'L 'Vej.

Bele Casel - Caerano San Marco (TV): Li conoscevamo già bene, ma ci stupiscono ancora con il lancio del Prosecco Colfòndo: un vino che, come dice il nome, fermenta a lungo in bottiglia a contatto con un "fondo" di lieviti che lo rendono torbido ma anche inconfondibilmente sapido e vivace. Sarà anche solo un esperimento, ma se il buon giorno si vede dal mattino...

Adami - Colbertaldo di Vidor (TV): La casa vinicola che più di altre ha voluto la creazione della DOC Prosecco. La produzione è varia e molto ricca con alcune punte di assoluto valore: il Brut Bosco di Gica è il più fresco e leggero, il Vigneto Giardino ha un gusto deciso e asciutto nonostante l'elevato contenuto di zuccheri. La vera sorpresa però è il Giardino, una varietà ferma di Prosecco che meriterebbe maggior fortuna.

Coste del Faena - Fratta Todina (PG): Produzione ristretta ma di qualità per una cantina giovane e attiva. Il vino di punta è il Dimoro Rosso da uve Merlot e Sagrantino, affinato in barrique, ma si fanno apprezzare anche il bianco Rubio dei Gelsi (da uve Grechetto) e il "gemello" rosso Moro dei Gelsi, delicato e fruttato, che deriva da un blend di Merlot, Sagrantino e Sangiovese. La chicca è il dolce Paxito di Sagrantino, solo 1200 bottiglie all'anno ma ne vale la pena...

Argiano - Montalcino (SI): Inevitabile un po' di soggezione nell'approcciarsi a una cantina che ha 430 anni di storia alle spalle. Semplicemente straordinario il Brunello di Montalcino prodotto fin dal 1888 e invecchiato in barrique e in rovere; ma anche il semplice Rosso di Montalcino merita un assaggio. La curiosità: l'azienda possiede anche una cantina in Argentina, la Bodega Noemia de Patagonia, che produce ottimi Malbec.

Antonio Mazzella - Ischia (NA): Sulle impervie colline di Ischia si sviluppa fin dal 1940 la faticosa attività di questa piccola azienda che deve la sua fortuna ai vitigni locali. I bianchi sono i migliori: eccellente il Vigna del Lume, un Ischia Biancolella vinificato ancora oggi in cantine scavate nella caratteristica pietra bianca dell'isola.

Pala - Serdiana (CA): Ha compiuto 60 anni ma è anche una delle aziende più in crescita della Sardegna. Giustamente famoso l'Isola dei Nuraghi S'Arai, ma davvero sorprendente il profumatissimo Vermentino Stellato. Da provare anche altri due rossi molto diversi tra loro: l'Essentija, interamente ricavato da uve Bovale, e il blend Silenzi.

Bisceglia - Lavello (PZ): Un vino su tutti: l'eccellente Aglianico del Vulture Gudarrà. La versione base si è presa i Tre Bicchieri del Gambero Rosso nel 2009, ma di livello forse ancora superiore è la Riserva invecchiata per 5 anni, di cui 2 in botti di rovere. In secondo piano il resto della produzione, anche se il blend Tréje ha delle potenzialità.

Castelvecchio - Sagrado (GO): Avevamo già avuto occasione di assaggiare i prodotti di questa storica cantina friulana, che dietro l'aspetto elegante e austero delle sue bottiglie nasconde una produzione molto ricca. Protagonisti i vitigni tipici della regione, in particolare la Malvasia istriana e il Traminer. Anche i rossi hanno però il loro spazio, in particolare l'interessante Sagrado che proviene da una cuvèe di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon affinati per tre anni in legno.

Marconi - San Marcello (AN): Non c'è da stupirsi per il Verdicchio leggero e fruttato, tipico delle zone di produzione, mentre è sicuramente sorprendente per il suo intenso profumo floreale il Lacrima di Morro d'Alba Superiore. A portare oltre tutte le classificazioni c'è poi il Vino di Visciola, vino dolce e liquoroso derivato dalle tradizionali ciliegie marchigiane.

Haderburg - Salorno (BZ): La cantina produce anche vini fermi ma è soprattutto lo spumante il fiore all'occhiello: il Brut metodo classico, intenso nel colore e delicato nel profumo, e l'Hausmannhof Riserva, prodotto soltanto nelle migliori annate con almeno 9 anni di maturazione.

De Luca - Melissa (KR): Non c'è tanto da girarci intorno: ad attirare nella produzione di questa cantina sono soprattutto i vini ottenuti con uve da agricoltura biologica, e in particolare l'ottimo Cirò Nettare di Abramo, speziato e piacevolmente acido, dal gusto davvero intenso.
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La vite è meravigliosa

Piaccia o no, anche quest'anno il momento è arrivato. C'è chi lo critica aspramente e chi cerca di rinnovarlo dall'interno, chi non vorrebbe più uscirne e chi si rifiuta di entrarci: comunque sia, il Vinitaly resta indiscutibilmente il fulcro dell'attenzione di tutti gli appassionati e gli operatori del settore enologico in Italia e nel mondo. E anche per l'edizione 2010, che si svolgerà come sempre a Verona da giovedì 8 a lunedì 12 aprile, gli organizzatori promettono successi e record, confortati del resto dai dati: Veronafiere è l'unico organizzatore fieristico ad aver chiuso in attivo il bilancio dello scorso anno e il marchio del più grande salone enologico continua a fare furore nel mondo, grazie al Vinitaly World Tour che porterà la rassegna anche in Russia, Cina, Giappone, Corea e Singapore dopo l'India e gli Stati Uniti. La fiera, che dovrà segnare il rilancio del vino dopo un anno decisamente deludente (come un po' per tutti i settori), sarà inaugurata ufficialmente giovedì alle 10.30 per poi proseguire tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.30, fatta eccezione per lunedì 12 aprile, quando la fiera chiuderà i battenti alle 16.30.

Non proprio allettante, come sempre, il costo del biglietto d'ingresso: 40 euro (35 se acquistato online) per un giorno, 80 (che diventano 70 sul web) per l'abbonamento alle 5 giornate. Ricordiamo che il salone, almeno ufficialmente, è riservato agli operatori del settore, anche se i controlli non sono poi così rigidi come si vorrebbe far credere... I numeri della manifestazione sono, manco a dirlo, impressionanti - oltre 92000 metri quadrati occupati, 4200 espositori, 2400 giornalisti accreditati - e inducono a sperare che nella 44esima edizione si possa sfondare anche la barriera dei 150mila visitatori. Impossibile ricapitolare l'esorbitante numero di concorsi, convegni, degustazioni, laboratori enologici e gastronomici organizzati nel quadro dell'evento: basti ricordare che nel corso di Vinitaly verranno premiati i vincitori del Concorso Enologico Internazionale, che quest'anno ha visto la partecipazione di oltre 3600 vini. Accanto al salone del vino, la fiera ospiterà come sempre altre manifestazioni di grande interesse: Agrifood Club, Enolitech, Grappa & C. Tasting e Coffee Experience, ma soprattutto il SOL (Salone internazionale dell'olio d'oliva extravergine di qualità), nell'ambito del quale sarà firmato il 9 aprile uno storico accordo per la promozione dell'extravergine italiano all'estero. Non mancheranno le presenze istituzionali: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarà in visita a Veronafiere nella mattinata di venerdì 9 aprile, quando parteciperà al convegno "Scenari e prospettive del mercato del vino italiano". Ma il padrone di casa sarà senza ombra di dubbio Luca Zaia che, uscito dalla finestra come ministro delle Politiche Agricole, rientra dalla porta in qualità di nuovo presidente della Regione Veneto: l'esponente della Lega ha parecchio da farsi perdonare, ma ai produttori di vino è piaciuta la sua battaglia contro la "demonizzazione" dell'alcool in corso sui media nazionali.
Tornando al vino, per chi proprio non si accontenta delle 9 ore giornaliere messe a disposizione dalla fiera c'è Vinitaly for you: ogni sera dalle 18 alle 24 un wine bar allestito nel Palazzo della Gran Guardia, in piazza Bra, propone una fornitissima enoteca oltre a concerti e spettacoli dal vivo. Il costo del biglietto d'ingresso è di 12 euro che comprendono due degustazioni di vino, una di cocktail e una di "sfiziosità" (sic!). Per il calendario completo degli incontri vi rimandiamo al sito ufficiale dove, per mezzo del servizio MyVinitaly, è possibile programmare nei minimi dettagli la propria visita in fiera selezionando stand da visitare, degustazioni e convegni e stampando il tutto per portarlo con sé a Verona. L'ultima segnalazione è però per Slow Food, che venerdì 9 aprile alle 16, presso la Sala Vivaldi del Palaexpo, presenterà una ghiottissima novità: una misteriosa guida ai vini di cui per ora non si conoscono il titolo né la filosofia. Il volume promette grandi cose, vedremo se i curatori Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni sapranno stupirci...
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La tradizione non tradisce

Il primo impatto è piuttosto negativo, perlomeno per chi non passava da queste parti da un po' di tempo. Diminuito il numero degli stand, un po' artigianali le strutture e decisamente deprimente il meccanismo di lavaggio dei bicchieri: insomma, un'edizione "poveristica" dell'Italia Beer Festival, sotto tanti punti di vista. Inevitabile dopo il mezzo flop dello scorso anno. Eppure, superato lo smarrimento iniziale, il giudizio sulla benemerita manifestazione milanese non può che essere espresso con il pollice (e il gomito) in su. La formula del pagamento a gettoni funziona, anche perché gli spillatori - alcuni dei quali già un po' obnubilati dall'alcool - sono piuttosto generosi; le dimensioni ristrette della fiera consentono di dedicare più attenzione ai singoli stand; i tavoli piazzati alla bell'e meglio sul parquet del Palalido fanno da punto d'appoggio ideale per le degustazioni.
E le birre? Sempre di ottima qualità, con i "capisaldi" delle scorse edizioni affiancati da alcune nuove realtà davvero interessanti. Volendo tracciare un quadro generale, si può dire che nei microbirrifici italiani serpeggia la preoccupante tendenza all'originalità a tutti i costi: tra birre al tartufo, allo speck, al pompelmo, alla liquirizia e persino afrodisiache, si corre il rischio di perdere di vista il core business, per esprimersi in linguaggio "markettaro".

Fortunatamente la tendenza è, almeno apparentemente, poco premiata dal pubblico e a stravincere sono le birre tradizionali, in primis le bionde pils e weisse, anche se si è notata qualche scura di rilievo. Tra una discussione e l'altra sulla legittimità della dizione "doppio malto" (tutta italiana e decisamente ingannevole), si rischia di fare notte senza accorgersene: poco male se si ha a disposizione una quantità sufficiente di materia prima.
Veniamo ai premiati: la miglior birra tra le 44 presentate ufficialmente (in degustazione ce n'erano molte di più, oltre 200) è la Winterlude del parmense Birrificio del Ducato, seguita dalla Oscura del BOA di Ostia e dall'irlandese O'Haras del birrificio Carlow. La nostra personale preferenza va invece al Birrificio Rurale di Certosa di Pavia, che ha proposto l'eccellente Terzo Miglio, basata su varietà di luppolo americane e non a caso premiata come Birra dell'Anno 2010 da Unionbirrai; interessante anche la leggera e aromatica Seta. Applausi anche per la nera, nerissima Inga del birrificio MM1989 di Ponte San Pietro (Bergamo): una birra densa e profumata dal persistente gusto di caffè, assolutamente "da meditazione" se mai questa definizione ha avuto un senso. Ottima anche la birra di castagne dello stesso produttore. In ordine sparso citiamo anche il birrificio Croce di Malto di Trecate (Novara), che merita un inchino innanzitutto per il nome e poi per la sua birra chiara Hauria, di stile tedesco; il Birrone di Castelnuovo di Isola Vicentina, con la maliziosa ambrata Punto G e soprattutto la novità Cibus, definita "il pane liquido"; il Birrificio Lariano di Dolzago che si fa notare per la pils La Grigna e la birra alle castagne Caravina; infine il birrificio San Paolo di Torino e la sua Ipè al chinotto. Quest'ultima segnalazione non è in contraddizione con quanto detto sopra: il gusto dell'agrume è lievissimo, a prevalere sono i luppoli che ne fanno una perfetta American Pale Ale.
Ai nomi fin qui segnalati vanno aggiunti i già noti: il birrificio Toccalmatto di Fidenza, l'Amiata di Arcidosso (Grosseto) con la sua insuperabile birra di castagne, l'Henquet di Ovada e la "biretta" del BOA di Ostia. Più una novità che ci tocca molto da vicino: grazie al festival abbiamo infatti scoperto l'esistenza di un secondo birrificio artigianale a pochi metri da casa nostra, a Busto Arsizio (dopo il pluripremiato Orso Verde). Si chiama L'Inconsueto e promette molto bene: noi, dal canto nostro, promettiamo di visitarlo al più presto...
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'Na biretta e via

Ormai è un appuntamento fisso per tutti gli appassionati della bevanda di Gambrinus: quest'anno l'Italia Beer Festival festeggia la quinta edizione, pur passando attraverso svariati cambiamenti di denominazione e di location. La scorsa edizione è andata così così (qui potete leggere il nostro reportage) e nel 2010 si cambia di nuovo rotta: confermato il Palalido di Milano come sede dell'evento, anticipate però le date - da venerdì 5 a lunedì 8 marzo - ed eliminata la giornata per soli operatori, che sarà trasferita al BQ di via Losanna e accessibile soltanto tramite presentazione di visura camerale. In quanto "giornalisti" (almeno in parte) un po' ci dispiace per quest'ultima decisione, ma tant'è. Per i comuni mortali, l'ingresso alla manifestazione nelle giornate di venerdì, sabato e domenica costerà 8 euro, comprensivi di bicchiere e portabicchiere; biglietto ridotto (6 euro) per chi entra prima delle 19 il venerdì, prima delle 17 il sabato o prima delle 15 la domenica. Le singole consumazioni sono invece acquistabili tramite gettoni da 1 euro: un gettone per un assaggio da 10 cl, due per 20 cl. Il Palalido chiuderà i battenti alle 2 venerdì e sabato, a mezzanotte la domenica.

Oltre 200 le birre in degustazione
, provenienti da 30 birrifici artigianali: molti sono già noti, come l'Orso Verde di Busto Arsizio, il birrificio Bauscia, il Menaresta e il Bi-Du. Massiccia la rappresentanza lombarda, tre partecipanti dall'estero: gli irlandesi della Carlow Brewing Company, i tedeschi della Schäffler Bräu e soprattutto i belgi della brasserie Les 3 Fourquets di Pierre Gobron, creatore della famosa birra Lupulus. Previsti numerosi laboratori gratuiti nel corso della manifestazione, anche se i posti sono ormai esauriti: tra i più stuzzicanti la presentazione della birra afrodisiaca La 30 (con il pornoattore Franco Trentalance...) e una verticale di abbinamento tra Parmigiano Reggiano e i prodotti del birrificio Montegioco. Previsti anche spettacoli di musica dal vivo, danza dal ventre e come da tradizione gare di freccette organizzate dalla Federazione della specialità.
La novità di quest'anno sono gli eventi fuori salone che si svolgeranno da martedì 2 a giovedì 4 marzo: tre cene a tema in abbinamento con le birre del festival alla Pazzeria di piazza Bande Nere, al BQ di via Losanna e al Woodstock di via Ludovico il Moro. Tutte le informazioni sul sito dell'Associazione Degustatori Birra.
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Foto da Schwerin

L'estremo Nord della Germania può offrire sorprendenti risorse anche dal punto di vista gastronomico. Ecco alcune foto del viaggio (23-24 febbraio 2010). Vedi anche le relative recensioni:
Altstadt Brauhaus Zum Stadtkrug
Bei Ulla


Bratwurst e patate, la merenda dei campioni


Una torta Frankfurter a più strati

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